La Shoah
Nel corso della II Guerra Mondiale (1939-1945), il regime nazista ha deliberatamente portato avanti un piano sistematico il cui scopo era di eliminare la comunità ebraica in Europa, nel corso del quale sono stati assassinati sei milioni di Ebrei, fra cui un milione e mezzo di bambini.
Quando l’esercito nazista travolse l’Europa, gli Ebrei vennero barbaramente perseguitati, sottoposti a ogni tortura e umiliazione concepibili e ammassati in ghetti, dove tentativi di resistenza armata provocavano l’introduzione di misure ancora più dure. Dai ghetti essi venivano trasportati in campi dove un ristretto numero di fortunati veniva assegnato a lavori massacranti, mentre la maggior parte veniva sottoposta a esecuzioni di massa o mandata alla morte in camere a gas. Non furono molti coloro che riuscirono a scampare. Alcuni fuggirono in altri paesi, un po’ si unirono ai partigiani mentre altri vennero tenuti nascosti da non Ebrei che li aiutarono mettendo a repentaglio le loro stesse vite. La conseguenza di tutto ciò fu che solo un terzo di una popolazione di quasi nove milioni di persone (inclusi coloro che avevano abbandonato l’Europa prima della guerra) – quella popolazione che un tempo aveva rappresentato la più ampia e vibrante comunità ebraica nel mondo – riuscì a sopravvivere.
Dopo la guerra, l’opposizione araba spinse gli inglesi ad intensificare le restrizioni imposte sulla quota di Ebre ai quali veniva permesso di entrare e di stabilirsi nel Paese. La comunità ebraica reagì creando un’ampia rete di attività di “immigrazione clandestina”, per salvare i sopravvissuti alla Shoàh. Fra il 1945 e il 1948, furono condotti nel Paese circa 85.000 Ebrei per strade segrete e spesso pericolose, a dispetto del blocco navale e dei pattugliamenti di confine istituiti dagli inglesi per intercettare i profughi prima che raggiungessero la loro destinazione. Quelli che venivano catturati, erano internati in campi di detenzione nell’isola di Cipro o rinviati in Europa.